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Influencer Marketing: fine di un'era o nuovo capitolo?

Ogni anno qualcuno decreta la morte dell’influencer marketing. Troppe fake engagement, troppa poca autenticità, troppi scandali, troppa saturazione. Eppure, ogni anno i brand continuano a investire, gli influencer a generare conversioni e il pubblico a seguire. Ma allora, è davvero in pericolo?

L’industria sta certamente cambiando. Non si può più parlare di un’unica categoria di influencer: oggi il panorama è più complesso, sfaccettato, e frammentato. Nano, micro, macro, creator verticali, brand ambassador: ognuno con un ruolo e un peso diverso nelle strategie di marketing. Il problema, se c’è, non è l’influencer marketing in sé, ma il modo in cui viene interpretato e applicato.

Micro, nano e virtual influencer: qual è la nuova direzione?

Negli ultimi anni, la fiducia del pubblico verso gli influencer si è incrinata. L’ostentazione, la percezione di contenuti eccessivamente costruiti, la mancanza di una reale connessione con la community hanno portato a un calo dell’engagement. Non è un caso se i brand stanno spostando gli investimenti su creator con audience più piccole, ma più fidelizzate, capaci di generare un coinvolgimento autentico.

Ma c’è un altro fenomeno in corso. L’AI sta entrando prepotentemente nel settore: dai virtual influencer ai contenuti generati artificialmente, passando per algoritmi sempre più raffinati nel gestire il matching tra brand e creator. Siamo sicuri che tra qualche anno la figura dell’influencer umano avrà lo stesso peso di oggi? E, ancora più importante, il pubblico continuerà a fidarsi di contenuti che potrebbero essere il risultato di prompt e non di esperienze reali?

Ci troviamo forse davanti a un bivio. Da un lato, chi continua a difendere il valore dell’influencer marketing tradizionale, cercando nuove modalità per renderlo più credibile e performante. Dall’altro, chi vede un futuro in cui la narrazione si smaterializza e il marketing d’influenza diventa meno legato alle persone e più alle macchine. In mezzo, le aziende, che devono decidere se credere ancora nelle strategie che funzionavano fino a ieri o se abbracciare una nuova era di contenuti automatizzati e ultra-personalizzati.

I numeri dicono che l'influencer marketing non è affatto in declino

Nonostante le sfide, l'influencer marketing continua a prosperare grazie alla sua convenienza per le aziende. Nel 2024, il mercato globale ha raggiunto i 24 miliardi di dollari, triplicando rispetto al 2019. In Italia, gli investimenti hanno toccato i 352 milioni di euro, con un incremento del 9% rispetto all'anno precedente. Le aziende ottengono in media 4,12 dollari di valore mediatico per ogni dollaro speso su Instagram. Un esempio concreto è la collaborazione tra Abercrombie & Fitch e LTK Creators, che ha portato a un aumento del 56% delle vendite su base annua.

L’influencer marketing scricchiola quando dimostra di essere gestito dalle aziende secondo modelli obsoleti. Se evolve, interpretando i cambiamenti con intelligenza e strategia, probabilmente si rafforzerà. I fatti ci dicono che, sebbene qualcuno vorrebbe decreterne ufficialmente il decesso, si sta aprendo un nuovo capitolo di questa storia.

Il futuro dell’influencer marketing sarà umano, ibrido o completamente algoritmico? Staremo a vedere.

Branding e marketing: sapere su cosa puntare fa la differenza

Nel mondo della comunicazione digital e delle azioni possibili finalizzate alla visibilità di un marchio e dei suoi prodotti, il confine tra branding e marketing è spesso labile. Alcuni casi emblematici dimostrano quanto sia cruciale la gestione attenta e consapevole di questi due pilastri del business. Due esempi perfetti, per mettere a fuoco la questione, sono Apple e Nike, aziende che hanno costruito il proprio successo bilanciando branding e marketing in maniera magistrale.

Apple e la supremazia del branding

Apple è il paradigma di un brand che ha saputo costruire un’identità così forte da diventare sinonimo di innovazione e status. La forza del branding di Apple sta nella sua capacità di aver creato un ecosistema di prodotti interconnessi, un’esperienza utente premium e un’estetica riconoscibile.

Come ha investito Apple sul suo branding?

  • Identità visiva: ogni prodotto Apple ha un design coerente con l’originaria estetica ultraminimal. Un design diventato iconico, che riguarda ogni aspetto del prodotto, dal packaging all’interfaccia utente.
  • Esclusività e community: L’unicità del sistema operativo, che non ‘comunica’ con elementi estranei alla cerchia Apple, l’hype generato attorno al lancio annuale di nuovi prodotti e i programmi riservati agli sviluppatori.
  • Esperienza utente fluida: Apple non vende solo dispositivi, ma un’intera esperienza, garantendo un’integrazione perfetta tra hardware, software e servizi.
  • Tone of voice e storytelling: i suoi messaggi pubblicitari puntano sempre sull’emozione e sulla semplicità, rendendo la tecnologia accessibile e desiderabile.

Il marketing di Apple è altrettanto efficace, ma funge più da amplificatore della potenza del brand. Le campagne si basano su storytelling emozionale e un sapiente utilizzo dei canali digitali, ma tutto è sempre perfettamente allineato con la sua identità di marca. Apple non si serve di VIP per i suoi spot, perché non ha bisogno del branding di qualcun altro per sostenere la propria credibilità.

Per Nike il potere del marketing fortifica il branding

Nike, al contrario, è un marchio che ha costruito il suo successo attraverso campagne di marketing aggressive e innovative. Il suo branding è solido, basato su valori di performance, determinazione e inclusività, ma è il marketing a rendere questi valori tangibili per il pubblico.

Come Nike usa il marketing per rafforzare il brand

  • Campagne iconiche e posizionamento valoriale: da "Just Do It" alle campagne sociali come quella con Colin Kaepernick, Nike utilizza la pubblicità per legare il proprio brand a messaggi forti e rilevanti.
  • Influencer e sponsorship: le collaborazioni con atleti di fama mondiale permettono di costruire fiducia e desiderabilità. Non dimentichiamo che fu anche grazie al suo più celebre ambassador, Michael Jordan, che Nike risorse dalle ceneri dello scandalo che la investì a inizio anni 2000.
  • Esperienze personalizzate: l’app Nike+ e le iniziative digitali offrono un coinvolgimento attivo, trasformando i clienti in ambassador.
  • Utilizzo di dati e AI per l’engagement: personalizzazione dell’esperienza utente attraverso marketing automation e analisi predittiva.

Il branding crea la promessa, il marketing la trasforma in azione e risultati

L’errore più comune per un non professionista di comunicazione o marketing digitali, è pensare che branding e marketing siano due elementi intercambiabili o che uno dei due debba avere un trattamento privilegiato. Un classico sintomo di confusione da parte dei clienti, è la richiesta di attivare campagne di sponsorizzazione, senza aver prima analizzato quale aspetto (branding o marketing) sia il più debole, pensando che la pubblicità sia la risposta più efficace a tutti i problemi.

Ricordiamo sempre che l’uno non deve mai escludere l’altro: se spingiamo sulla vendita di alcuni prodotti, non dobbiamo abbandonare la comunicazione dell’identità di marchio. 
Apple e Nike dimostrano che non basta avere un ottimo prodotto o una strategia pubblicitaria efficace: servono entrambi. Il branding è il DNA del marchio, il marketing il suo amplificatore. Trovare il giusto equilibrio tra i due è ciò che distingue un’azienda di successo da una destinata a perdersi nel rumore del mercato digitale.

Gli strumenti digital per agire su branding e marketing 

La comunicazione sulle piattaforme digitali offrono molti e diversi strumenti per agire in sostegno del proprio branding o del proprio marketing: SEO, campagne di sponsorizzazione, social media, influencer marketing, DEM. Non ci sono strumenti solo per il branding o solo per il marketing. Certamente, alcuni sono più votati per l’uno o per l’altro, ma persino l’ADV (primaria azione marketing) potrebbe essere in supporto del branding: dipende da cosa sponsorizzi!

Tutte le azioni puntano a vendere, ad aumentare il profitto, ma non sempre il motivo di basse vendite è da ricercare nel prodotto stesso. Se il brand è solido, ma mancano clienti, si dovrà investire sul marketing. Se i clienti arrivano ma non fidelizzano, rafforza l’esperienza di marca: il successo si basa su relazioni durature con il pubblico.

Descrizioni di un prodotto di un e-commerce come farla

Le descrizioni prodotto di un e-commerce: come gestirle secondo canale e pubblico

L’interesse verso l’acquisto passa anche dalla descrizione del prodotto, che spesso può influenzare la vendita. Quale descrizione inserire e come svilupparla, dipende dal pubblico di destinazione e dal canale, oltre all’e-commerce: i clienti sono ovunque e a seconda del canale dobbiamo pensare come coinvolgere il pubblico.

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